di Tommaso Cabrini
Un tempo il capitalismo era un affare per ricchi, fondare
un’azienda ha sempre richiesto grandi capitali e l’innovazione finanziaria ha
cercato di andare incontro agli imprenditori cercando metodi più facili di
trovare denaro. Tornando indietro di qualche secolo l’imprenditore poteva
contare solamente su quanto investito dalla propria famiglia o sul prestito di
qualche grande banchiere.
Progressivamente si è allargato sempre più il mercato dei
capitali, dando la possibilità a un maggior numero di persone di partecipare,
prestando denaro o investendolo direttamente nelle aziende. Ciò è avvenuto
attraverso una grande intuizione: anziché chiedere un grande finanziamento si
chiede a tanti finanziatori una cifra più piccola facendo nascere così le
azioni e le obbligazioni.
Se con la riforma pensionistica tutti i cileni sono
diventati capitalisti, e quindi interessati al prosperare della propria
economia e alla pace sociale, così è avvenuto con la diffusione nel nord
America e in nord Europa della proprietà di azioni e obbligazioni emesse dalle
aziende[1].
Oggi per possedere un’azione bastano pochi euro, ma parecchi
costi aggiuntivi, come le commissioni e il bollo sul conto titoli rendono
necessario comprare pacchetti nell’ordine di almeno un paio di migliaia di euro
per rendere l’investimento potenzialmente profittevole. In fondo non tutti sono
disposti a concentrare una tale cifra in un unico investimento.
Ma nel frattempo è stato fatto un ulteriore passo in avanti:
internet, che permette la distribuzione di servizi ad un prezzo ridottissimo. Ecco
dunque la possibilità di ridurre ulteriormente la dimensione dei pacchetti,
fino ad arrivare a pochi spiccioli: il crowdfunding.
Crowdfunding (composto dalla parola crowd, folla e funding
finanziamento) consiste nel raccogliere fondi destinati a specifici progetti da
moltissime persone che partecipano per piccole cifre (solitamente meno di un
centinaio di euro).
I vantaggi sono divisi tra i tre attori in gioco, i
prestatori di capitale possono ottenere ritorni maggiori rispetto ai canali
tradizionali, i prenditori di capitale possono ottenere denaro da una diversa
fonte di finanziamento sostenendo costi minori, infine l’intermediario,
mantenendo strutture leggere e dematerializzate (tutto si svolge su internet)
può offrire il servizio a costi bassi ottenendo un profitto nonostante le basse
commissioni.
Non esiste una forma standard di crowdfunding, si può
trattare della raccolta di capitale azionario per una start up, del prestito ad
una famiglia che deve ristrutturare casa, ma anche raccolta di denaro destinato
a finanziare progetti no-profit, il finanziamento di una mostra o la campagna
elettorale di Ron Paul.
Ad esempio il sito 33needs.com ha finanziato la nascita di
Half United, una società di abbigliamento che fornisce un pasto agli affamati
per ogni acquisto.
Kickstarter finanzia progetti innovativi e creativi (cinema,
editoria, alta tecnologia). nel 2011
ha, con successo, finanziato più di undicimila progetti
per un totale di quasi cento milioni di dollari.
Per restare in Italia ci sono anche Kapipal (simile a
Kickstarter) e Zopa (che permette di prestare o chiedere in prestito denaro ad
interesse).
La speranza è che in futuro il crowdfunding trasformi tutti
in piccoli capitalisti, orgogliosi di essere tali e che permetta anche a quelle
“categorie” più in difficoltà (come i giovani, le donne e gli esodati) di poter
realizzare un’idea nella quale poter continuare a credere. Un sistema
alternativo di accesso al credito, più sicuro e personalizzato, capace di
andare incontro alle esigenze di tutte le parti in gioco, riducendo le distanze
tra i tassi d’interesse richiesti dalle banche ai propri clienti e capace di
diventare un’idea di business in tre direzioni. Io un pensierino ce lo farei!
[1] In Italia storicamente
questo non è avvenuto perché lo Stato è stato il finanziatore della grande
impresa, di conseguenza la concentrazione del capitale è nata per decisione
politica e non tramite l’aggregazione dovuta alle banche o alla borsa.
Pubblicato anche sul blog The Road to Liberty
e sul sito del Movimento Libertario
Pubblicato anche sul blog The Road to Liberty
e sul sito del Movimento Libertario
Nessun commento:
Posta un commento